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Il pastone distribuito agli animali della masseria richiama numerosi e diversi uccelli che talvolta provengono dalla macchia mediterranea, dalle residue formazioni boschive o dalle zone umide e paludose oppure colonizzano alcuni ruderi della masseria come tordi, merli, fringuelli, gufi, gazze etc. etc.; a questi si aggiungono stagionalmente i cosiddetti uccelli migratori.

 

 

I motti popolari riguardanti gli uccelli sono:

 

Nu’ nc’e’ auceddhru senza pizzu, nu’ nc’è ommu senza vizziu, non c’è uccello senza becco, non c’è uomo senza vizio. Inutile ogni commento.

Ci secuta l’auceddhru more povarieddu, chi seguita l’uccello muore poveretto; così si pensava di  chi faceva il cacciatore di mestiere.

Nu ni fasce mancare nienti, mancu lu latte te l’auceddhri, non gli fa mancare niente, neppure il latte degli uccelli: si dice di chi accontenta in tutto e per tutto fino all’inverosimile, per esempio la propria moglie o i propri figli.

Lu cchiu’ pesciu auceddhru o lu cchiu’ fessa passaru se mangia la meju fica, il peggiore uccello si becca il migliore fico; per traslato accade nei rapporti umani o sentimentali o nelle vicende di tipo sociale che l’individuo (apparentemente) meno dotato, risulti il più privilegiato nell’accaparrarsi un incarico, un favore, un dono, un’attenzione.

L’aceddhru ca nu ia istu mai lu mare, ogne pantanu ni parìa marina, l’uccello che non aveva mai visto il mare, ogni pantano gli sembrava una marina; si sottolinea il senso di meraviglia che pervade chi è abituato alla mediocrità ed ogni piccola cosa gli sembra di portata inconsueta.

Per approfondire:

R. Barletta, Cane nu mangia cane. Bestiario popolare salentino, Edizioni Grifo, 2013.

 

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