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Nel gregge di pecore talvolta non manca la presenza di qualche capra, animale molto socievole con le altre specie, fisicamente diversa dalla pecora, più agile e con un carattere meno mansueto, adatto a vivere in zone anche selvagge o semideserte, ruminante senza sosta di erbe asciutte, di foglie secche e cortecce per raggiungere le quali saltella su pendii e crepacci a volte anche ripidi. 

 

 

Questa principale peculiarità di saltellare in cerca di cibo, insita nella razza, è coniata nel detto: te du sarta la capra sarta zumpa lu caprettu, dove salta la capra saltella il capretto; per estensione il comportamento del genitore è imitato dal figlio, sia nel bene sia nel male e, quindi, non bisogna meravigliarsi se le azioni del capofamiglia vengono ripetute dal suo erede genetico.

L’altra peculiarità di brucare instancabilmente si ritrova nell’espressione: face lu ddesciùnu te la crapa: ogne ttantu nna muzzecata, fa il digiuno della capra: ogni tanto un morso; si appropria a chi spizzica, mangiucchia in continuazione.

Il maschio della capra, lu magghiatu, è detto caprone ed anche “becco”; il termine è ingiurioso perché vuole dire, oltre che cornuto pure stupido, rozzo, materiale.

Il caprone conduce a “Robertino” che un tempo, nell’uso popolare veniva dato come nomignolo spregiativo alle persone dappoco, come equivalente di sciocco, babbeo, babbione, pecorone e simili; e tanto si affermò questo valore spregiativo che presto col nome robin si indicò addirittura il pecorone a quattro zampe, il montone.

Per approfondire:

  1. Barletta, Cane nu mangia cane. Bestiario popolare salentino, Edizioni Grifo, 2013.

                                                                  

 

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