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Sotto l’egida di San Giuseppe, la convivialità si fa gioia e dono di carità, tradizioni ancestrali e multiculturali incontrano la fede in un ideale abbraccio di culture.

Quando nell’aria brilla il profumo della primavera incipiente e la Quaresima scandisce il periodo di purificazione verso la Pasqua, arriva la festa di San Giuseppe, sposo di Maria, padre putativo di Gesù, venerato nella chiesa cattolica ed in quella ortodossa.

La sua figura di guida ne fa il santo e gli educatori dei giovani tant’è che il 19 marzo è scelto da alcuni paesi, come Italia, per festeggiare i papà.

La festività ha sostituito fin dal VI sec, riti pagani legati alla rinascita della natura e al lavoro dell’uomo come i Saturnalia, i Matronalia in onore di Giunone con banchetti e doni offerti agli schiavi, i Quinquatria, celebrati proprio il 19 marzo, in onore di Minerva protettrice degli artigiani, con preparazione di dolci al farro, frutta e miele.

Collegata a questi riti conviviali, in perfetta sintonia con l’agape cristiana, è la suggestiva tradizione delle Tavole di San Giuseppe, diffusa in vari paesi del Sud Salento come Giurdignano, Minervino di Lecce e del nord Salento come Trepuzzi e Guagnano, dove si chiama Matthra e dove un trattore con a bordo la Sacra famiglia ha sostituito il vecchio “trainu della matthra”, che distribuiva il cibo nel paese.

Le tavole si ricollegano alla tradizione medioevale dei banchetti per i poveri dei signori feudali, a quella dei monaci basiliani di offrire pasti caldi ai bisognosi, alla carità delle confraternite. Non sono neppure estranee altre tradizioni, come l’Arcipurcim delle comunità arbëreshe del Salento, il Tu BiShevàt , il capodanno degli alberi, della comunità ebraica e il banchetto comunitario  della tradizione musulmana.

La tavola imbandita è il denominatore comune del rito che conosce alcune varianti nei vari paesi. La lunga ed elaborata preparazione dei cibi è rito collettivo declinato soprattutto al femminile tra formule e preghiere. Vengono poi allestite nella stanza più bella della casa o in piazza lunghe tavole ricoperte da candide tovaglie con ceri e fiori soprattutto narcisi, fresie, gigli, secondo il cromatismo di bianco e giallo, tipici dell’iconografia del Santo. Le varie tavole, aperte al pubblico la sera della vigilia dopo la benedizione del sacerdote, sono meta di pellegrinaggio.

Intorno alla tavola siede la Sacra Famiglia: Giuseppe, Maria, Gesù a cui possono aggiungersi vari santi, in numero dispari per un massimo di tredici. Giuseppe, battendo con il bastone fiorito dà inizio alla mensa; vari e rigorosamente di magro i cibi, serviti secondo un preciso ordine, ad iniziare dalla “Massa”, un primo a base di pasta e ceci, alle presce, emblema di Gesù, alle grandi forme di pane a ciambella, simbolo di generosità, contrassegnate da decorazioni simboliche a rilievo.

Accanto alle tavolate, altri riti caratterizzano la festa di San Giuseppe e la Quaresima in genere. Fiere, iniziative culturali, processioni, rituali. A Calimera e a Martignano tradizione vuole che le preghiere siano in lingua grika.

 

 

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