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Una docente dell’Università europea di Roma adopera come testo per il suo insegnamento il Manuale di bioetica di Elio Sgreccia.

 

 

Dov’è lo scandalo, al punto che più testate giornalistiche di rilievo nazionale, da Libero a La Stampa, qualche giorno fa lanciano con enfasi la notizia? Starebbe, a leggere gli articoli, in quel che nel libro è scritto in tema di matrimonio e di pratiche omosessuali. Non entriamo nel merito dei contenuti, non perché non siano importanti, ma perché le estrapolazioni non aiutano la corretta comprensione e l’inquadramento di questioni delicate e complesse, che esigono approfondimento, confronto, fatica, e comunque ragionamenti non riassumibili in poche battute. Ci limitiamo a tre brevi considerazioni a margine

Prima di tutto. Non è che l’ateneo romano sia stato il primo in assoluto, e solo in quest’anno accademico, ad aver adottato il Manuale. Esso è stato edito per la prima volta nel 1988, e in 32 anni ha costituito il riferimento per l’insegnamento della bioetica in decine di università, pure di impostazione laica; fin quasi alla sua morte, nel giugno 2019, Sgreccia ha girato il mondo per convegni e conferenze. Sui suoi contenuti si sono formate schiere di studenti e di docenti, che hanno apprezzato lo sforzo di collegare etica, antropologia e dati scientifici, sulla base dell’originale impostazione personalistica. Il metodo adoperato per la sua redazione ha costituito la base per la più ampia e impegnativa Enciclopedia di bioetica e scienza giuridica. Scoprirlo adesso, dopo 32 anni, fa chiedere sinceramente dove stia la notizia, prima ancora dello scandalo.

In secondo luogo, l’Università europea di Roma si dichiara esplicitamente “di ispirazione cristiana”; non ci si iscrive a essa col fucile puntato dietro la schiena, chi lo fa orienta la sua scelta anche alla stregua della formazione che gli viene con evidenza proposta, pur senza abbandonare - una volta esercitata questa opzione - il proprio senso critico: sulla bioetica, come su altre materie di insegnamento, in linea col tratto proprio di ogni università.

Infine, confrontiamo i passaggi incriminati con quanto in materia si legge nel Catechismo della Chiesa Cattolica – quello voluto e approvato da San Giovanni Paolo II - e nel Codice di diritto canonico: la sostanza non muta, pur se il Manuale, come è ovvio, entra più nel dettaglio. Li si può condividere o meno, ma sono le posizioni della Chiesa universale: Sgreccia e la sua “scuola” hanno costituito per decenni la base di riferimento ascoltata e seguita in materia dal magistero pontificio. Prima di essere nominato cardinale, “don” Elio è stato il perno dell’Università cattolica, la cui editrice, Vita e Pensiero, non a caso pubblica il Manuale fin dalla sua prima edizione. Se i suoi contenuti sono ritenuti così ostili al “culturalmente” corretto, l’obiettivo - previa la loro reale conoscenza - non va puntato contro l’ultima docente che in ordine di tempo adotta il Manuale, ma contro l’antropologia naturale e cristiana che quel testo sintetizza e aggiorna. Si dica allora con coerenza che è vietato a tutti, Chiesa in testa, sostenere che un figlio viene su meglio in un contesto familiare: più o meno quello che si vorrebbe col testo contro l’omofobia approvato qualche settimana fa dalla Camera. Si dica, in definitiva, che la libertà di educazione, la libertà di insegnamento e la libertà di manifestazione del pensiero sono bandite.

 

 

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