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Si sono conosciuti nel 2001, mons. Jorge Bergoglio e mons. Marcello Semeraro. Erano tempi difficili, come gli attuali anche se per motivi diversi.

 

 

Il pontificato di Giovanni Paolo II si avviava ormai al tramonto ed era l'anno del tristissimo attentato alle Torri Gemelle del World Trade Center. Evento che scosse il mondo. All'epoca, Padre Bergoglio era già arcivescovo di Buenos Aires ma non ancora cardinale.

Segue il filo di ricordi ed emozioni, anche della propria vita privata, il nostro don Marcello nella ricca intervista rilasciata al settimanale Famiglia Cristiana (CLICCA QUI ). Ed è inevitabile che l'accento andasse a cadere sulla sua quasi ventennale conoscenza con l'attuale pontefice. "Abbiamo sempre avuto un rapporto di grande familiarità - ammette il neo-porporato - ma non mi aspettavo assolutamente questa nomina". Sono gli "scherzi" della provvidenza divina: di certo vent'anni fa nessuno dei due poteva immaginare di ricoprire il ruolo che adesso occupa. E, per don Marcello, la prima reazione all'annuncio della berretta rossa, non è stata tanto di gioia quanto piuttosto di notevole preoccupazione. Quella di doversi rimettere in gioco, di ricominciare tutto daccapo, ad un'età non più giovanissima. Ma a confortarlo è intervenuto lo stesso pontefice che ha fortemente voluto affidargli un incarico di grande responsabilità come quello di Prefetto della Congregazione per le cause dei santi.

Già, la Chiesa celeste. Forse non poteva essere altrimenti visto il Dna spirituale e culturale di don Marcello. La Puglia è una delle regioni italiane che conta il più alto numero di santuari dedicati alla Vergine (la devozione alla Regina Sanctorum è uno dei tratti caratteristici della religiosità della nostra terra), mons. Semeraro per di più appartiene al clero di un'arcidiocesi che ha dei martiri per patroni ed è nato in un comune salentino in cui il culto per un dottore della Chiesa come Sant'Antonio da Padova risulta radicatissimo, Monteroni di Lecce. Tra i primi gesti del neo-prefetto due sono stati davvero significativi: la preghiera sulla tomba di Paolo VI presso le Grotte Vaticane e la visita ad Assisi nei giorni immediatamente successivi alla beatificazione di Carlo Acutis, il giovane lombardo devotissimo dell'Eucarestia la cui figura è diventata, negli ultimi tempi, molto nota in Italia.

"Paolo VI è il Papa del mio sacerdozio, riferimento prezioso sin dagli studi in seminario. È un personaggio da cui ho appreso come si ama, come si dona la vita per la Chiesa - ha raccontato don Marcello -. Per 16 anni poi sono stato vescovo ad Albano, una diocesi che conserva forti segni della presenza di Papa Montini. Ci tenevo insomma di creare un dialogo silenzioso con lui ed ho colto l'opportunità di un attimo di quiete per scendere nella cripta della Basilica di San Pietro e di pregare il Magnificat presso il suo sepolcro. Carlo Acutis è invece un profilo che mi ha molto incuriosito. Nei giorni della beatificazione ho chiesto una copia della positio per poterne conoscere meglio la vita. Ho compiuto poi il mio viaggio ad Assisi, dove riposano le sue spoglie, su invito del vescovo del posto, mons. Domenico Sorrentino. Ed è stato naturale chiedere a Carlo di prendermi sulle spalle per aiutarmi a vivere degnamente il ministero che mi è stato affidato".            

 

 

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