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Siamo gli abitanti di un luogo in cui accadono tante, tantissime cose, simultaneamente e incessantemente, un luogo che abbraccia ogni nostro momento, in un unicum detto “mondo”.

 

 

 

Al suo interno vi sono numerose differenze, dalla lingua parlata, ai piatti tipici, alla musica prodotta, alle mode del momento sino alle leggende metropolitane e tanto, tanto altro ancora.

Mettiamo il caso che io incontri una ragazza in facoltà, con una sua storia, con le sue conoscenze, con il suo modo di vestire e che lei incontri me con le “mie cose” che mi dia la possibilità di domandarle ed io a lei di esser domandata.

Nascerà un’amicizia? Forse. Nel frattempo, stiamo mettendo in pratica la possibilità di conoscerci e vedere se, il suo “vissuto” intaccherà molto, in parte o minimamente il mio e viceversa e quando s’incontra qualcuno ciò avviene e non possiamo sfuggirvi, ed io, imbattendomi in Amelia, potrei provare a raccontarvi quanto avvenuto, in queste vesti.

Amelia è una donna che fa parte della grande famiglia della Casa della carità di Lecce da quasi un anno. Di bell’aspetto, moderna e giovanile, la noto all’entrata e il primo pensiero che mi son fatta è stato “Sembra in gamba questa donna!”.

Si presenta a me con il suo abbigliamento alla moda e i suoi orecchini pendenti tempestati di strass che catturano la mia attenzione. I suoi occhi castano caffè erano pieni di brillantini propri di un ombretto leggero messo frettolosamente la mattina che era in contrasto con una lucentezza ombrosa, dovuta ad un passato molto difficile, che l’ha messa dinanzi a innumerevoli prove che le hanno causato molto dolore e tanta sofferenza. Le ho dato la possibilità di dirmi quello che desiderava, ed è stato un momento particolare, forte, emozionante, dove ho appreso che lei mi aveva per l’appunto dato l’opportunità di conoscerla e di capire la sua storia mentre osservavo i suoi occhi umidi, che parevano pieni di stelle.

Amelia, ne ha affrontate tante di battaglie, ma il suo spirito tenace e combattivo le ha permesso di andare avanti, di non arrendersi, di rendersi conto nei momenti più complicati di valere qualcosa, di avere tanto da dare e di esser pronta ad agire. Ho colto in lei tanta fragilità ma anche una caparbietà riscontrabile solo in chi apprezza la vita per quello che ti offre, perché altrimenti come mi diceva lei “siamo tutti poveri se non diamo importanza ai valori offerti da chi ci vuole bene, da chi ci accoglie con amore” e Amelia in Fondazione è stata accolta, ascoltata e sostenuta, con i suoi timori, con la sua diffidenza, con la sua architettura di incertezze.

Con il tempo è diventata anche lei un sostegno per gli altri, ovvero per le giovani donne che arrivano in struttura, per coloro che necessitano di un pasto caldo, per i giovani che hanno bisogno di indicazioni e mentre raccontava ciò, un sorriso le illuminava il viso, era entusiasta e orgogliosa di poter dare, entusiasta di veder riconosciuta la sua bontà.

Mi ha raccontato che un giorno, mentre sbrigava alcune commissioni, incontrò due ragazzi che non avevano pranzato e non sapevano come pervenire a ciò. Lei li rassicurò, dando loro due pacchetti con del pranzo andandosene poi felice di aver fatto una buona azione.

Una sera Amelia per cena decide di recarsi ad una pizzeria d’asporto e mentre attendeva il suo ordine, spuntano due giovani che le propongono di offrirle la cena, dicendo che ora “toccava a loro”, ed erano proprio quelli che in passato aiutò. Questo potrebbe esser considerato un frammento di banale quotidianità, invece è stato un momento carico di tanta bellezza, testimone di quanto il fare del bene comporti sempre, a riceverlo.

Con Amelia, abbiamo parlato anche della multiculturalità. Impegnata nelle varie attività che si svolgono in struttura, mi racconta delle numerose persone che vi partecipano, dicendomi che ognuno ha una sua cultura, una sua lingua, una sua religione e a detta sua è meraviglioso come si crei sinergia fra tutti, dove c’è la potenza di una condivisione fatta da persone desiderose di comunicare, collaborare, “danzare” nei momenti di arte e pensiero.

Si tratta di essere tante piccole stelle, che illuminano il cielo, come appunto quelle presenti nei grandi occhi di Amelia, che incontra ogni giorno realtà diverse, orgogliosa di essere cercata e di essere un sostegno per gli altri, riuscendo a tendere la mano a colui che ha bisogno e questa non è altro che una testimonianza di grande umanità.

Amelia sa di poter contare sulla splendida equipe della Fondazione, fatta di persone allegre, positive, pronte ad accoglierti con un sorriso e capaci di far sentire a casa. Prima di salutarci, ritornando al discorso del suo abbigliamento “alla moda”, tipico di conversazioni fra donne mi dice con estrema semplicità ed umiltà che basta poco per poter essere ben vestiti mostrando dignità, anche con un paio di orecchini bijoux e una maglia in cotone e che non servono gioielli o abiti costosi. Il miglior modo per mostrare bellezza è quello di ricominciare da sé, guardarsi allo specchio e ripetersi “Io posso farcela, io so di valere, io sono bella a modo mio” anche quando tutto sembra impossibile. Aver cura di noi stessi e degli altri è di fondamentale importanza e le stelle hanno la “fortuna” di brillare di luce propria, ma è insieme che formano lo spettacolo di una notte stellata, e questo Amelia, lo sa bene.

Chi vuole conoscere Amelia potrà incontrarla venerdì prossimo 12 novembre alle 18 la troverà a Lecce all’Istituto Marcelline a parlare… con la vita, sul tema della povertà.

 

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