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E ddoie lune

Sidicianni tu teniv chella sera 

quando con ingenua innocenza

mi dicisti: Angelo ma la luna in America è a stess ca tenimm a Napule, mi ricordo comm a mmo

uardando a faccia mia te sentisti venì meno

sidicianni tinivi chella sera

e la luna china quante vote pò mà dittu Angelo quandu ci spusamm 

i figghi nuostri hanno addessere inteliggenti comu a te

e i sempre respundevu ma pure bell comm a te 

sicicianni teniv chella sera

mo c'hai fatt 50 anni e mamma puri si quante cose t'inparat,

troppe cose poi cha sai per poter essere felici.

sidicianni teniv chella sera,

si sapev tutt chestu chella sera t'astringev dint' e braccia e dicev no Mari'

so doi lune nun è la stessa chiesta e la nosta è chilla grossa

sidicianni teniv chella sera.

 

Questa premessa per immaginare la tenera sensibilità della persona della quale voglio raccontare la storia, che è quella di un uomo buono che, in un momento di particolare difficoltà e di mancanza di lucidità, senza avvertire, salì sul primo treno che passava da Rimini ed arrivò a Lecce.

Fu proprio una scelta casuale, senza contare che nulla avviene per caso.

Cerchiamo di mettere ordine per entrare nell'intimo di questa persona veramente speciale. 

Fra l'altro in una sera in vena di confidenze mi disse "Antò sai io non ho mai conosciuto altre donne oltre mia moglie e comunque non ho voglia" proseguendo su quello che ché da sottolineare su Angelo è il suo grande senso del dovere.

Perse il padre quando aveva 16 anni e quindi cominciò subito a lavorare da adolescente continuando fino all'età della pensione accanto alla sua Maria.

Nel frattempo arrivano i figli che fattisi grandi ed avendo frequentato l'istituto alberghiero trovarono lavoro a Rimini. 

Angelo si fa trasferire a Rimini forse con un po’ di mugugni della moglie che avrebbe preferito fermarsi a Napoli ma Angelo per tenere la famiglia unita la persuade e la convince.

Dopo un po’ le cose cominciano a non andare bene e i litigi si susseguivano alle accuse" tu mi hai portato qua" e così via, insomma un clima molto teso.

Dopo un po’questa situazione Angelo non riesce a reggerla e come detto, giunge a Lecce, una e vera e propria fuga senza però aver fatto mai mancare il suo sostegno finanziario alla moglie che ovviamente era arrabbiatissima.

L'accoglienza alla casa della carità è lo snodo per ricominciare il recupero di se stesso con il lavoro lento e complicato dei responsabili della casa della carità a cominciare dallo psicologo e soprattutto dal diacono Mario Renna che dal primo momento si fece carico nell'affiancare, con la responsabile Simona Abate, il nostro Angelo che veramente era ridotto uno straccio con i sensi di colpa che lo annientavano, consapevole com'era di avere abbandonato la famiglia, e che lo attanagliavano e non lo facevano risalire dal quel buco profondo in cui stava sprofondando.

Grande lavorio di ricostruzione fatto di mattoni piccoli piccoli che però nel tempo hanno dato i risultati; artefice principale è stato il diacono che con dedizione, vicinanza, incoraggiamento, spinte in avanti, rallentamenti, sostegno lentamente ha fatto sparire le sue paure.

Ci sarebbe molto da dire di Angelo, persona di grande sensibilità e grande cuore che con l'aiuto dello staff tutto della "casa della carità" e, dopo due anni e mezzo, è riuscito a rientrare in famiglia.

Voglio concludere riflettendo con un interrogativo" niente avviene per caso" chissà cosa sarebbe successo se quel treno che veniva a Lecce fosse andato in un'altra città?

   

 

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