Ancora venti di guerra, e sempre più pericolosi. È una fatica restare calmi, controllare la paura e gestire l’impotenza. La Parola del Signore illumina sempre il cammino, ma anche questo non è facile perché il buon Dio parla in tanti modi e in diversi tempi.
Certo è che la sua gloria splende poco o niente in terre come la Palestina, l’Iran, l’Ucraina; senza contare i conflitti che dilaniano famiglie, amici, luoghi di lavoro, società, paesi, comunità internazionale. La guerra, come la lussuria - diceva Shakespeare - non passa mai di moda. E la guerra, come ogni piccolo o grande conflitto, non glorifica Dio e chi lo pensa è un folle e della fede cristiana non ha capito niente.
Oggi glorifichiamo la Trinità, che è una comunità unita, pacifica, non in conflitto. La storia biblica presenta molti riferimenti al tema del conflitto, della lotta. Eccone alcuni: Giacobbe lotta con Dio (Gn 32); Gesù invita a lottare per impadronirsi del Regno (Mt 11, 12); Paolo esorta a lottare nelle preghiere (Rm 15, 30) e ricorda che lui lotta, con la forza che viene da Cristo e che agisce in lui con potenza (Col 1, 29); inoltre riceve la corona di gloria solo chi ha lottato secondo le regole (2Tm 2, 5). Ovviamente il termine lotta nella Scrittura è spesso usato metaforicamente, mutuando il linguaggio dalla lotta fisica e applicandolo a quella spirituale; tuttavia, non ci sono dubbi che la rivelazione biblica voglia presentare la vita come impegno, sforzo, passione, tensione del cuore e della mente verso la meta del Regno che ha da venire pienamente. Le fede è per chi lotta, per chi si lascia guidare dal Signore nelle sue battaglie (Sal 27), non certo per i tiepidi (Ap 3, 16).
Tuttavia, questa propensione alla lotta può degenerare in conflitto. La lotta è un atteggiamento antropologico fondamentale: essa è un modo di essere che, escludendo qualsiasi forma di violenza verso se stessi e gli altri, ci induce a mettere tutto noi stessi, la passione del cuore e quella della mente, per superare ostacoli e raggiungere le finalità che ci siamo preposti; la pace, la giustizia per esempio, o tanti altri riferimenti cardini della vita personale e sociale. Questa propensione alla lotta, quindi, può degenerare in conflitto anche crudele, per questo motivo è necessaria tanta vigilanza. Altrimenti abbiamo gli omicidi della criminalità o in famiglia, le lacerazioni violente nelle istituzioni e nelle comunità di fede religiosa, le guerre e via discorrendo.
E in ciò abbiamo da imparare dalla Trinità la diversità in essa è fonte di ricchezza e non di conflitto, la differenza di missione porta alla comunione e non alla guerra. Dobbiamo invocare quotidianamente lo Spirito perché trasformi la nostra lotta in atteggiamento positivo di costruzione, comunione e unità.
Scriveva Emmanuel Mounier: “Non basta disporre di un pizzico di buona volontà e di dolcezza d’animo per legare il tutto. Non si ricostruisce la verità con dei pezzetti di menzogna e un’assoluzione. Là dove è penetrata la menzogna quel che ci vuole è il fuoco purificatore. La reintegrazione universale nello spirito di tutti i nostri valori è possibile solo se preceduta da una completa loro trasfigurazione. solo così si può essere rivoluzionari. La rivoluzione è un tumulto ben più profondo: è, mutate il cuore del vostro cuore. (…) Non è la violenza che fa le rivoluzioni, ma la luce. Lo spirito è il sovrano della vita. A lui spetta decidere, tagliar corto, dare il segnale di partenza”.
*presbitero dell’arcidiocesi di Bari-Bitonto, docente di filosofia politica (Pontificia Università Gregoriana, Roma)