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Pregare è necessario, ma non sempre è facile. Pregare dona una grande pace, ma a volte solo dopo un combattimento interiore. LEGGI.

 

 

Tutti i santi testimoniano non solo la gioia, ma anche la fatica della preghiera. Santa Teresa d’Avila l’ha portata avanti per venti anni senza provare gusto. San Giovanni della Croce ha continuato a pregare in un’oscurità quasi totale che ha chiamato la notte oscura.

Il Catechismo elenca una serie di difficoltà legate alla preghiera: il dubbio che possa davvero raggiungere l’Onnipotente; il sospetto che pregare sia solo un’esperienza psicologica, utile, ma non necessaria; lo scoraggiamento di fronte alla nostra aridità; la tristezza di non dire tutto al Signore; la delusione di non essere esauditi secondo la nostra volontà; l’allergia alla gratuità della preghiera.

Che cosa fare quando sopravvengono queste ed altre difficoltà? I grandi maestri spirituali ci danno qualche consiglio, proveniente dalla loro comprovata esperienza. Negli Esercizi spirituali, Sant’Ignazio di Loyola ci ricorda che la vocazione cristiana è una decisione: è la scelta di fare il bene anche quando sopravengono delle difficoltà. Nella Vita di Antonio, Sant’Atanasio riferisce un episodio significativo della vita del santo monaco. Quando aveva circa 35 anni, Antonio attraversò una crisi profonda, una prova molto grande che comunque riuscì a superare. Quando ritrovò la serenità, disse a Gesù: Dov’eri? Perché non mi hai aiutato? Gesù gli rispose: Ero là! Mi aspettavo di vederti combattere!

A volte la preghiera è una lotta: è combattere per non cedere alla tentazione, combattere per la salute e la salvezza dei propri cari, combattere per la verità e per la giustizia. Nel combattimento il Signore è con noi. Se combattiamo nella preghiera, potremo fare l’esperienza di Giacobbe, raccontata in Gn 22, 23-33: Durante quella notte egli si alzò, prese le due mogli, le due schiave, i suoi undici figli e passò il guado dello Iabbok. Li prese, fece loro passare il torrente e fece passare anche tutti i suoi averi. Giacobbe rimase solo e un uomo lottò con lui fino allo spuntare dell'aurora. Vedendo che non riusciva a vincerlo, lo colpì all'articolazione del femore e l'articolazione del femore di Giacobbe si slogò, mentre continuava a lottare con lui. Quegli disse: «Lasciami andare, perché è spuntata l'aurora». Giacobbe rispose: «Non ti lascerò, se non mi avrai benedetto!». Gli domandò: «Come ti chiami?». Rispose: «Giacobbe». Riprese: «Non ti chiamerai più Giacobbe, ma Israele, perché hai combattuto con Dio e con gli uomini e hai vinto!». Giacobbe allora gli chiese: «Dimmi il tuo nome». Gli rispose: «Perché mi chiedi il nome?». E qui lo benedisse. Allora Giacobbe chiamò quel luogo Penuel «Perché - disse - ho visto Dio faccia a faccia, eppure la mia vita è rimasta salva». (fine)

 

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