La comunità cittadina di Arnesano ha reso onore al suo protettore: il Santissimo Crocifisso.
Si è celebrata, infatti, ieri sera, in una chiesa matrice devota e gremita anche nel piazzale esterno antistante, la solenne discesa della croce: a presiedere per la prima volta la solenne Eucaristia, trasmessa in diretta da Portalecce Tv (GUARDA), il nuovo arcivescovo metropolita di Lecce, Angelo Raffaele Panzetta.
Accanto a lui, oltre al parroco don Francesco Pesimena, i sacerdoti originari del paese: i canti sono stati eseguiti dal coro parrocchiale mentre il servizio è stato curato dai ministranti della comunità guidati da don Mattia Murra che ha anche predicato il triduo di preparazione alla festa.
Nelle parole del presule, dunque, l'emozione di sentirsi non solo come al primo giorno di scuola ma di aver coscienza che ciò che si é vissuto ha avuto il sapore di un autentico pellegrinaggio (L’OMELIA INTEGRALE).
Così Panzetta: "Carissimi fratelli e sorelle, sono contento e felice di essere oggi qui in mezzo a voi. Sono contento del fatto che tra le prime presidenze dell'Eucaristia, dopo la mia nomina ad arcivescovo di Lecce ci sia questo appuntamento che vivo come un pellegrinaggio, un pellegrinaggio alla croce del Signore per ricevere da questo mistero grande, luce, forza, consolazione per il servizio ecclesiale impegnativo che mi attende".
Poi, prendendo spunto dal ritornello al salmo responsoriale ("Non dimenticate le opere del Signore" ndr) ha presentato subito all'assemblea radunata un rischio grande nella vita del discepolo: il ritenere Cristo come un fatto scontato, arrivando a non ricordare ciò che il Signore, su quel legno della croce, ha compiuto suggellando le nozze con l'umanità.
Ancora l'arcivescovo di Lecce: “Non dimenticare le opere del Signore. Questa espressione richiama a tutti un pericolo che c'è nella vita spirituale nostra, un pericolo che ha vissuto anche Israele nel suo itinerario spirituale. Il pericolo di dimenticare i benefici ricevuti dall'opera di Dio. Il pericolo di dimenticare il bene che si è ricevuto da Dio, lo corriamo anche noi. Quando i beni li abbiamo sempre sotto gli occhi, rischiamo di non vederli più. Quando ci vengono a mancare, però, ci rendiamo conto di quanto siano importanti nella nostra vita. Questo versetto spiega anche la pedagogia di questo momento di fede che vive questa comunità perché, guardare alla croce del Signore costituisce una splendida occasione per ricordare quello che Dio - in Gesù - ha fatto per ciascuno di noi. La croce del Signore è lo spettacolo dell'amore di Dio. Vogliamo dunque vivere questa celebrazione portando nel cuore un sentimento oggi raro, ma molto prezioso che è la gratitudine. La gratitudine è un sentimento particolare perché è il sentimento che produce in noi la memoria del cuore, la gratitudine per l’appunto”.
Prendendo per mano l'uditorio, il presule ha introdotto i presenti alla meditazione che l'apostolo Paolo ha fatto nella seconda lettura presentando ai Filippesi il segreto per essere autenticamente innamorati del Maestro: mettere al centro il mistero della croce.
Paolo nella lettera ai cristiani di Filippi inserisce un inno cristologico nel centro della lettera, in una posizione strategica, perché ha una comunità, quella di Filippi, piena di tanti aspetti positivi, ma anche di alcune difficoltà. Paolo vuole presentare il modello per la Chiesa e propone una riflessione sul mistero di Cristo che ha nella kénosi, cioè nell'abbassamento e nello svuotamento per amore del figlio di Dio, un modello eminente.
Belle le parole di Panzetta alla comunità di Arnesano: “La croce è l'emblema dello stile diaconale di Gesù, di Gesù che mette la sua vita a servizio della salvezza dell'umanità. Gesù che fa della sua vita un dono prezioso per l'umanità. Quanto è accaduto sulla croce ci riguarda perché lo stile di servizio, di kénosi, di umiltà che il Figlio di Dio ha indossato venendo per salvarci è lo stile che il Signore vuole anche per la Chiesa. Che cosa vuole il Signore per le nostre comunità? Che il suo stile diventi il nostro. Che la kénosi, l'abbassamento, l'umiltà, il servizio siano la cifra del vissuto ecclesiale. Quando si sta davanti al crocifisso si impara sempre. Quando si sosta con fiducia davanti all'amore crocifisso si impara sempre. Quello che il Signore ha fatto è per noi un grande insegnamento. E noi dobbiamo seguire le sue orme. Il Signore ci ha insegnato sulla croce che il segreto della vita è il dono di sé che si realizza nell'umiltà e nel servizio”.
“Come sarebbero diversi, fratelli e sorelle - ha sottolineato l’arcivescovo -, le nostre comunità se questo segreto della croce, se questo stile che la croce ci insegna, fosse vissuto nelle nostre comunità, ma anche nelle nostre famiglie, perché le nostre famiglie sono chiese domestiche”.
È, dunque, una perla preziosa la consegna fatta dal presule ai presenti, quasi una bussola in grado di orientare, dirigere e scandire il cammino di un popolo che guarda la croce come segno di amore e che da questo amore deve lasciarsi plasmare per poterlo incarnare nelle diverse situazioni di vita.
Ancora il nuovo arcivescovo di Lecce: "Il crocifisso è una lezione. Il crocifisso ci insegna il segreto della vita continuamente del vissuto familiare, i servizi. Chi va a scuola, chi va al lavoro, chi cucina, chi si occupa di far bella la casa. Passando davanti al crocifisso tutti abbiamo la possibilità di ricordarci il segreto della vita che non è nell'essere migliori degli altri, non è nella sopraffazione. Non è nel primeggiare la vera grandezza, la vera signoria delle persone sta nella capacità di mettersi a servizio nell'umiltà. Io penso che questa sera sia questo il messaggio grande che dovremmo portare dentro la nostra vita”.
“Nel brano del Vangelo - ha aggiunto Panzetta avviandosi alla conclusione -, forse uno dei brani più belli di tutto il Nuovo Testamento, Gesù dialogando con Nicodemo, spiega il senso profondo della sua missione e dice: ‘Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo unico figlio’. Questa espressione dare il proprio figlio non si riferisce solamente alla croce del Signore, ma alla totalità del mistero di Cristo. Dio Padre ci ha dato il figlio nell'incarnazione. Dio Padre ci ha dato il figlio quando il figlio ha camminato sulle nostre strade. Dio ha dato a noi il figlio nella sua morte. Dio ha ridato a noi il figlio nella risurrezione. Quelle parole però ci fanno comprendere anche un mistero grande che è avvenuto dentro il mistero pasquale di Gesù. [...] Quando guardiamo la croce noi dovremmo capire quanto siamo cari agli occhi di Dio, quanto siamo preziosi agli occhi di Dio. Perché, se Dio Padre ha donato il suo Figlio per noi, significa che siamo veramente preziosi ai suoi occhi. Ognuno di noi è preziosissimo, non solo perché è immagine di Dio, ma anche perché ognuno di noi è uno per il quale Gesù Cristo è morto ed è risorto. Fratelli e sorelle, come cambierebbe la nostra vita? La nostra vita cambierebbe se noi ci rendessimo conto di quanto siamo stati amati. L'amore indefettibile di Dio per noi che si è mostrato sulla croce dovrebbe costituire il fondamento della felicità della nostra vita. Che cosa ci potrà mai accadere se Dio ci ha amato così tanto da dare suo Figlio per noi? Ma questa verità ha dentro anche una responsabilità morale, perché gli altri che io incontro sono persone per le quali Gesù ha dato la vita. Sono preziose. Quindi noi dobbiamo trattare le persone, a cominciare da quelle più vicine, ricordandoci di questo: mio marito è uno per il quale Dio ha dato la vita; mia moglie è uno per il quale Dio ha dato la vita; i miei figli sono persone per le quali Dio ha dato la vita; i vicini di casa sono persone per le quali Dio ha dato la vita. Pur con tutti i difetti che abbiamo, noi siamo preziosi agli occhi di Dio. Quindi la croce porta dentro di sé lo stupore di vedersi amati, ma anche la responsabilità di rendersi conto che io e gli altri siamo preziosi agli occhi di Dio e dobbiamo rispettarci, dobbiamo comportarci tenendo conto che l'altro è valore, che l'altro è un bene prezioso che arricchisce la mia vita. Di questo ci verrà chiesto conto, fratelli e sorelle, ci verrà chiesto conto di come avremo trattato queste persone amate da Dio che lui stesso ha collocato nella nostra vita per renderla bella e renderla preziosa”.
“Allora, viviamo questa festa, questo momento di spiritualità così alto di questa comunità, portando nel cuore questa queste verità che la Parola ci ha insegnato. Il primo, guardando la croce ci rendiamo conto di che Chiesa e di che famiglie dobbiamo essere. E, secondo, guardando la croce ci rendiamo conto di quanto siamo stati amati e di quanto dobbiamo amare le persone che sono oggetto immediato dell'amore di Dio. Preghiamo dunque gli uni per gli altri in questa celebrazione perché questo momento non sia solo una mera devozione, ma sia un'esperienza spirituale profonda che illuminata dalla Parola ci fa generare nel cuore lo stupore e la responsabilità, la responsabilità dell'amore che la croce insegna continuamente a ciascuno di noi”.
Quella di ieri, allora, è stata una vera e propria giornata-dono che il Crocifisso ha fatto alla Chiesa e, ancor più alla cittadina di Arnesano chiamata a ricordare la sua identità di popolo-discepolo della croce per vivere una vita per Cristo, con Cristo e in Cristo.
Prima della benedizione finale la suggestiva “Discesa della croce” portata dai sacerdoti in processione dentro e fuori la chiesa parrocchiale e poi collocata nel trono realizzato sull’altare maggiore.
Oggi, in serata, dopo la messa delle 19, la solenne processione con il simulacro del Crocifisso miracoloso. Al rientro, nel Largo Palazzo Marchesale, l’esecuzione del tradizionale inno, il panegirico di don Mattia Murra e la benedizione.
La “Risalita della croce”, come di consueto, avverrà domenica prossima 13 luglio al termine della messa delle 19 presieduta dall’arcivescovo emerito, Michele Seccia.
Racconto per immagini di Arturo Caprioli.