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Il prossimo 2 settembre don Adolfo festeggerà il suo Giubileo sacerdotale a cinquant’anni dalla sua ordinazione avvenuta nel 1972 per le mani e la preghiera del vescovo di Lecce, Francesco Minerva. Fino a quel giorno, Portalecce pubblicherà una serie di contributi per ripercorrere le tappe fondamentali di mezzo secolo: un dono speciale a un sacerdote giornalista e scrittore, appassionato di Cristo e della Chiesa con una vocazione particolare: le comunicazioni sociali.

 

 

Ci sono delle ricorrenze, come gli anniversari di matrimonio, ordinazione sacerdotale o di professioni religiose, che hanno un profondo significato non solo come momento di rendimento di grazie al Signore datore della vita, per il miracolo quotidiano del risvegliarci ad un nuovo giorno, per cinquanta anni consecutivi, ma anche e soprattutto per la perseveranza di chi li raggiunge, nella fedeltà ad un impegno assunto negli anni della giovinezza.

Il giubileo sacerdotale, assume per una comunità cristiana, un significato ben preciso, poiché esso rappresenta il rendimento di grazie al Signore per il dono di un pastore, che ha fatto della sua vita un’offerta gradita a Dio a servizio dei fratelli, nella gioia e nella gratuità.

Anche se non più parroco, don Adolfo Putignano, merita di essere ricordato per quanto alla comunità egli ha donato e continua a donare, avendo avuto il privilegio di generare alla fede generazioni di Monteronesi e di essere rimasto accanto a molti di essi nelle tappe fondamentali della loro vita.

Celebriamo i cinquant’anni di un sacerdozio vissuto nel segno dell’umiltà e del servizio alla Chiesa, alla diocesi, alle comunità parrocchiali in cui è stato inviato dai suoi vescovi. Cinquant’anni interamente dedicati alla cura pastorale delle comunità parrocchiali dell’Ausiliatrice e poi della matrice, per un lungo periodo conclusosi nell’ottobre del 2018. Anni fertili, improntati alla formazione e crescita di laici, esortati ad essere sempre più consapevoli del proprio ruolo di servizio, all’interno della comunità. Stagioni di adolescenti e giovani cresciuti all’ombra della chiesa, luogo di incontro, di condivisione, di scelte di vita, guidati con cura da un pastore capace di dialogare con essi, di vivere insieme le esperienze uniche dei campi scuola, sempre affollati di giovani puntuali a quell’appuntamento convinti della necessità del vivere la dimensione della preghiera comunitaria, della formazione e della condivisione, quale modello ecclesiale da applicare nella quotidianità della vita.

Anni di vita pastorale dinamica, con tanti settori interessati dalla catechesi, alla liturgia, alla Caritas, con nuovi modelli operativi molto apprezzati a livello diocesano, all’Azione cattolica, all’arte sacra, al volontariato quale modello credibile dell’essere cristiani. La pubblicazione del periodico “Vita Cristiana”, per oltre quarant’anni, ha accompagnato la vita cittadina ed ecclesiale, raccontandone i momenti centrali e le vicende collegate alla vita di cittadini che, attraverso il loro ministero e ufficio, hanno reso Monteroni degna di attenzione a vari livelli. Chi come chi scrive, ha vissuto gran parte della sua esperienza di vita impegnata nel servizio alla comunità, ha memoria di quanto lavoro è stato fatto in quei lunghi anni, di quante generazioni di ragazzi, giovani, adulti si sono formati sotto la guida di un pastore presente, vicino, che ha avuto il merito di tenere aperta la porta della chiesa e la luce accesa fino a tarda notte, mentre fuori, i ragazzi si trattenevano a chiacchierare, quasi a tenere compagnia al loro parroco.

Se è solo il Signore che legge nel cuore di ogni persona ed è solo a Lui che lasciamo ogni giudizio sulle nostre vite, ben sappiamo che Egli ci ha detto: “dai loro frutti li riconoscerete”, ma quali sono i frutti da cui è possibile riconoscere il ben operare di un sacerdote? I successi pastorali (le folle che lo seguono)?, la vastità della cultura teologica (le dotte pubblicazioni)?, la capacità organizzativa (le opere costruite)? Certamente lo sono state in altri contesti storici. Oggi altri modelli ci ispirano, ad esempio Charles de Foucould, anni vissuti nel deserto in solitudine, nessun convertito, ucciso per errore; eppure ardente d’amore per il Signore ci insegna a vivere seguendolo Gesù nei suoi anni di Nazareth, anni di silenzioso nascondimento, anni di umile collaborazione e obbedienza ai suoi genitori.

Essere segno e strumento dell’amore di Dio che si manifesta nei sofferenti, negli ammalati, in coloro che la vita sottopone a prove dolorose. A questo aspetto della pastorale, don Adolfo non si è mai sottratto, accompagnando con la sua presenza orante e i sacramenti tutti coloro che chiedevano il suo intervento, ascoltandone i disagi della sofferenza e della vita, facendosi compagno di viaggio in un calvario difficile da accettare, ma dal quale, come sacerdote, non si è mai sottratto. Molte sono le immagini che mi ritornano alla mente di questo aspetto sacerdotale, alcune sono legate alla mia vita familiare, alla malattia dei miei genitori e alla sua presenza discreta e confortante per essi. Per questo e molto altro la mia personale gratitudine e di chi lo ha conosciuto, per il suo essere sacerdote, innamorato della sua città di cui è storico apprezzato, della sua comunità che ha amato e guidato con cura.

Ecco, con questo anniversario celebriamo la capacità del sacerdote Adolfo Putignano di vivere ogni giorno il suo sacerdozio con l’osservanza fedele delle promesse, semplice povertà, cristallina castità, umile obbedienza. Sappiamo quanto ha aiutato con delicatezza ciascuna delle persone che ha incontrato, a scoprire nel profondo dell’anima un forte bisogno di spiritualità e ha “aperto feritoie” da cui è potuta entrare la luce della fede nel Risorto.

E questo gli auguriamo e preghiamo che faccia ancora per lunghissimi anni.

 

 

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