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Chiesto in preghiera dai cristiani, il pane quotidiano può però risultare amaro se pesa sui conti già disastrati degli italiani. Il rincaro del sacro alimento è balzato all’onore della cronaca, inevitabili le proteste degli acquirenti, ma il peccato di vendere un panino anche per cinquanta centesimi non pare ascrivibile ai fornai.

 

 

 

«Mi ha mortificato, questa mattina, leggere sul giornale della ‘guerra’ del pane, perché noi siamo stati sempre al fianco all’acquirente» confida Tonino Schipa, storico panificatore leccese. Lui, che lavora, sin da quand’era bambino, negli anni Cinquanta, non meno di diciotto ore al giorno per soddisfare gli acquirenti, chiarisce: «Se viene qualcuno che non ha soldi, non lo facciamo andar via senza pane. Facciamo anche beneficenza: questo è la nostra categoria».

Dunque, lo spirito che anima i panificatori, spiega Schipa, non è quello che emerge dai giornali: «La nostra è una categoria di sacrifici, compiuti per dare, non per togliere ai nostri acquirenti. Perché? I nostri finanziatori sono i mulini, perché ci permettono di pagare anche oltre il tempo pattuito. Ma dobbiamo chiedere l’aumento del prezzo del pane quando i mulini ci chiudono le porte, e le banche ci chiamano per farci rientrare del debito. Oggi la categoria è in difficoltà, perché vendendo solo pane non ce la fa più: il costo della farina aumenta da 40 a 43 centesimi per chilo. Ma noi possiamo aumentare di tre centesimi il costo del panino? Certamente no».

Il rincaro dei costi di produzione, quindi, provoca una scelta obbligata: «Abbiamo la necessità di aumentare il costo del pane di cinquanta centesimi, ma non per guadagnare, bensì per rientrare da quelle perdite che abbiamo subìto. Questo avviene perché non possiamo aumentare il pane di qualche centesimo ogni tre mesi, oppure ogni anno».

Alcuni aumenti che angustiano i panificatori? «Non si sta frenando alcuna spesa - evidenzia Schipa -. Lo zucchero, che costava cinquantasette centesimi, ora lo paghiamo novanta. Il costo della semola è passato da 45 centesimi a un euro. Il prezzo delle altre farine è aumentato di 25 centesimi. Il costo gasolio, che serve per il camion, è aumentato». Insomma, il pane quotidiano diviene amaro perché ai panificatori non siano rimessi troppi debiti. Quindi per il prossimo lunedì è convocata la riunione della loro categoria, in Confesercenti: «La direttiva è che dovremo aumentare il prezzo del pane dal 1° dicembre, ma per necessità».

 

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