Che ci fa a Lecce un ex ministro dell’agricoltura e dell’ambiente. E cosa ci fa a Portalecce? Ieri mattina, nel bel mezzo di un rapido giro tra le bellezze barocche del centro storico del capoluogo salentino, accompagnato da don Nicola Macculi, assistente nazionale di Coldiretti, è spuntato a sorpresa Alfonso Pecoraro Scanio.
Onorevole, come mai al caldo di Lecce, in questo luglio infuocato?
Sono a Lecce in veste di professore per partecipare a una conferenza su turismo, enogastronomia e sostenibilità, promossa dall'Università del Salento, in occasione dei 70 anni di fondazione.
Come si piazza Lecce in questo discorso?
Lecce e il Salento sono una realtà di grande rilievo, sia per un’antica grande tradizione agroalimentare e per una più recente vocazione turistica, che ormai non possiamo definire più “nuova” perché sono decenni che il Salento si sta affermando. Ma io sono qui anche per provare a rilanciare le innovazioni.
Si spieghi meglio…
Credo che oggi la vera transizione debba essere una transizione ecologica e digitale. Il digitale deve essere ecologico, nel senso che deve consumare meno energia possibile, altrimenti diventa fortemente impattante, ma nello stesso tempo può essere di grande aiuto. Pensiamo al fenomeno dell'overtourism: se lo gestiamo bene con il digitale, possiamo governare i flussi turistici, evitare, per esempio, che i gruppi organizzati diventino un turismo “mordi e fuggi” che danneggia i territori, lascia poco e non dà nemmeno qualità al turismo. C’è ancora molto da fare in questa direzione e io punto molto sui giovani innovatori, su startup innovative fatte da ventenni e trentenni che davvero stanno realizzando cose nuove, importanti e noi dobbiamo aiutarli. Ho proposto, ad esempio, una sorta di detassazione per tutte le piccole imprese innovative fatte da giovani under 35: occorre investire sulle future generazioni che sono quelle più a rischio rispetto al cambiamento climatico. Il rischio estinzione riguarda innanzitutto le future generazioni, sono esse che potrebbero assistere a un degrado grave del Creato di cui dovremmo essere custodi e invece siamo diventati distruttori.
Legare l’enogastronomia all’ecologia è praticamente automatico. Ma cosa c’entra il digitale?
Preferisco rispondere con un esempio. Pensiamo solo a quanto il digitale può consentire di risparmiare acqua mentre siamo in un periodo di grande emergenza-siccità. Abbiamo la necessità - in una regione storicamente siccitosa come la Puglia - di sviluppare le migliori tecnologie di uso dell'acqua. Pensiamo solo a quante acque reflue ripulite dai depuratori buttiamo e quanto quelle acque certificate e di qualità possano tornare utili agli agricoltori. Allora, quella per esempio è una tecnologia che non ha bisogno del digitale, ma il digitale consente di vedere tutte le dispersioni idriche e di intervenire velocemente. Il digitale consente di guardare quando le piante hanno davvero bisogno d'acqua e quando è utile innaffiare o subirrigare le piante per ridurre le evaporazioni.
E poi c’è il tema della trasformazione del cibo.
L'altro settore è quello della trasformazione dei prodotti agricoli in cibo di qualità e non in alimenti ultraprocessati per evitare, ad esempio, di avere bambini obesi in un Paese che si vanta di avere la dieta mediterranea e poi ha, invece, un tasso di aumento di obesità infantile insopportabile. Credo ancora che, al di là di tutto, in tutte le scuole di ogni ordine e grado, bisognerebbe impedire di avere distributori di merendine e a meno che sulle merendine non iniziamo a scrivere che nuocciono gravemente alla salute, come si fa sulle sigarette. Per far capire che alcune cose sono davvero ormai certificate come dannose e abbiamo un'infinità invece di prodotti gustosi e salutari. Da questo punto di vista, il digitale ci aiuta, ad esempio, con una campagna attiva sui social: i ragazzi, si sa, passano ore al giorno sul telefonino. Se noi riusciamo a martellare e a far girare anche attraverso influencer che lavorino per la comunità (lo farebbero gratuitamente) otterremmo grandi risultati, solo che nessuno se ne occupa. Purtroppo, mentre le multinazionali investono tantissimi soldi per diffondere spot che ti fanno apparire buone anche i cibi dannosi, lo Stato investe soldi in campagne che a volte servono più all'azienda di pubblicità che fa la campagna che non all'obiettivo da raggiungere.
E poi c’è il cibo buono avanzato e che spesso finisce al macero…
Anche la lotta allo spreco può essere molto aiutata dall'innovazione. In passato ho sostenuto, sponsorizzato, alcune app che comunicano in tempo reale che in quel supermercato quei cibi stanno per scadere, te li vai a pigliare gratuitamente o a un prezzo irrisorio e questo, per esempio, è un modo per aiutare chi è in difficoltà. E ce ne sono tante persone che ne avrebbero bisogno… Da un lato è possibile aiutarle e nello stesso tempo si evita lo spreco.