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Se uno studioso volesse un giorno comporre un De viris illustribus del capoluogo salentino, uno dei capitoli più appassionanti sarebbe proprio quello dedicato a Roberto Caracciolo (1425-1495).

 

 

 

Eppure, anche in tal caso, la Lecce di oggi pare ignara di aver dato i natali a questa splendida figura del XV sec. A parte una via nel centro storico che porta il suo nome, solo le realtà connesse con la parrocchia francescana di Fulgenzio sembrano averne custodito il ricordo. A lui infatti sono dedicate la ricca biblioteca e la notevole pinacoteca mentre un affresco, opera di padre Raffaello Pantaloni (1888-1952), abbellisce la chiesa. Sul sepolcro del Caracciolo, custodito in San Francesco della Scarpa, era scesa invece quasi una spessa cappa di oblio. E tuttavia proprio quel tumulo compendia in maniera davvero nitida il personaggio, presentandolo addormentato nella morte, in attesa della resurrezione futura. Coperto sì dal saio francescano, a ricordare la sua povertà personale e la famiglia religiosa in cui ebbe a fiorire. Ma anche con i paramenti sacri da vescovo cattolico (il pastorale, la mitria, un ricco piviale e le preziose chiroteche) come a dichiarare l'altissimo ufficio di successore degli apostoli che venne chiamato a svolgere. Indubbiamente il Caracciolo è da considerare una delle massime espressioni del francescanesimo pugliese. In quest'ottica, appare ancor più significativa la volontà della locale Provincia dei Frati Minori di traslarne le spoglie in una comunità viva, come quella di Fulgenzio appunto, dove potranno riposare insieme a quelli di un altro illustre religioso leccese, anche se vissuto in tempi molto più recenti e ben differente per carisma, il venerabile Giuseppe Michele Ghezzi (1872-1955).

La solenne cerimonia, avvenuta nella serata di ieri, 7 marzo, è stata presieduta dal prefetto per la Congregazione delle Cause dei Santi, il card. Marcello Semeraro ed ha visto la presenza dell'arcivescovo Michele Seccia, dei vescovi Cristoforo Palmieri e Fernando Filograna e del ministro provinciale dei conventuali, Padre Vincenzo Giannelli. Tra le autorità civili convenute anche il sindaco Carlo Salvemini. A fare gli onori di casa il ministro provinciale dell'Ordine Minoritico Padre Paolo Quaranta che, a nome dell'intera famiglia francescana leccese, ha voluto donare al cardinale una bellissima icona della Vergine Madre della Tenerezza. Nell'omelia (QUI IL TESTO INTEGRALE) il card. Semeraro non ha mancato di accennare allo spessore storico della personalità del Caracciolo, che fu tra i più noti predicatori della sua epoca - l'evento, del resto, ha voluto fare memoria del 550º anniversario del suo primo sermone quaresimale nell'antica cattedrale del capoluogo - al punto da meritare l'appellativo di "Novello San Paolo". Il prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi ha anche ricordato con piacere come una delle sue primissime pubblicazioni fu proprio un saggio sul predicatore francescano dal titolo Fra Roberto Caracciolo e gli ebrei, che fu incluso in un volume dedicato al compianto arcivescovo Mario Miglietta (1925-1996).  

Per avere una semplice idea della fama del frate leccese, dell'autorità che gli venne riconosciuta dai contemporanei e di come fu assoluto protagonista nei drammatici eventi del Quattrocento, basti pensare che il suo ministero di predicatore si svolse sui pulpiti di alcune tra le principali città della penisola, come Napoli, Roma, Perugia, Siena, Bologna, Milano e Padova. Mentre i suoi sermoni, presto raccolti e messi per iscritto, corsero da un capo all'altro dell'Europa. Certo, moltissimo resta da indagare, da approfondire e da scoprire sul suo conto. Una pagina importante dell'attività oratoria del Caracciolo, ad esempio, è rappresentata dalla sua omiletica anti-ottomana. In fondo, la sua vita abbraccia anche i tragici fatti di Otranto del 1480 e la successiva liberazione della città martire. Interessante risulta, a tal proposito, il recente studio di Salvatore Leaci, Frate Roberto Caracciolo da Lecce e la predicazione anti-ottomana, saggio che ha avuto il merito di aprire un dibattito sul tema. Al termine della celebrazione è stata scoperta un'elegante targa commemorativa che indica il luogo in cui i resti dell'omileta sono ora custoditi.  

 

Racconto per immagini di Arturo Caprioli

 

 

 

 

         

 

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