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Evangelizare pauperibus misit me”, “Mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio”, recita il motto della Congregazione della Missione di San Vincenzo de’ Paoli che nella giornata di ieri, ha celebrato solennemente in tutto il mondo i 400 anni dalla istituzione. 

 

 

Il 17 aprile 1625 a Palazzo Gondi in Rue Pavée, a Parigi, appena dopo mezzogiorno, fu firmato il contratto di fondazione. Le celebrazioni di ringraziamento sono state slittate alla II domenica di Pasqua, in quanto, il 17 aprile scorso ricadeva quest’anno il Giovedì Santo. 

Le ultime parole di San Vincenzo de’ Paoli, tre ore prima del suo beatifico ultimo respiro, rimangono fonte di speranza in questo quarto centenario della fondazione della piccola compagnia. “Grazia”. Questa parola basta a spiegare la particolare coincidenza di un giubileo celebrato durante un giubileo. Ed è stato proprio questo il clima che si è respirato ieri sera, presso la parrocchia Santa Maria dell’Idria di Lecce, durante la solenne concelebrazione eucaristica di ringraziamento presieduta da mons. Angelo Raffale Panzetta, arcivescovo coadiutore della Chiesa di Lecce - e concelebrata dai padri che compongono la comunità vincenziana a Lecce. 

“Sono contento per questa comunità – ha detto il presule - che vive un anno particolare segnato dalla gratitudine, perché sono passati 400 anni da quell’idea, da quell’intuizione profetica che ha delle radici solide, profonde e ben salde perché riposte in Dio. Rileggendo la vicenda di San Vincenzo e del movimento da lui generato, mi rendo conto che il quel contesto, attraverso di lui è avvenuto qualcosa. Il giansenismo, presente in Francia in quel periodo, annunciava la salvezza per pochi. Ci sono pochi predestinati. Il cristianesimo è una via stretta destinata a pochi. Anche nell’arte il giansenismo era rappresentato con dei crocifissi con le braccia ravvicinate e non aperte, con pochissime tracce di sangue, quasi a significare che la porta della salvezza è stretta e che la redenzione non è abbondante, non è per tutti, ma solo per alcuni”. 

“Fa impressione - ha spiegato Panzetta - rileggere tra gli scritti del santo della carità, che lui è consapevole che alcuni sacerdoti non sono a conoscenza della formula dell’assoluzione. E questo dice molto sulla scarsa formazione. Gesù Risorto soffia nelle narici della comunità e fa sorgere in quell’uomo il desiderio di costruire una congregazione che prendesse a cuore le periferie, gli ultimi, che si prendesse cura dei poveri che abitavano le campagne. E così facendo confidando pienamente nella Provvidenza di Dio nel dono dello Spirito Santo, egli ha messo in gioco tutto quello che aveva, anche le sue risorse personali, pur di dedicarsi alla Missione”. 

“L’insistenza decisiva sulla carità. La perfezione della nostra vita - ha concluso così l’omelia - è nella carità. San Vincenzo ha insistito tantissimo sull’amore verso Dio e l’amore verso i fratelli, soprattutto i poveri, deve essere non tanto affettiva ma al quanto effettiva nella nostra vita; gli effetti di questo amore devono prendere corpo in gesti, scelte, opzioni, stili di vita. Bisogna amare Dio e servire i poveri per Lui, perché Lui è presente in quello che noi facciamo. Noi non lo contempliamo solamente nelle nostre chiese, noi lo contempliamo nei volti concreti delle persone che incontriamo sulla nostra strada”.

Quattro secoli, dunque, di passi umili e coraggiosi sulle orme di San Vincenzo come un fiume di carità che ha irrigato terre aride di sofferenza. In questo anniversario, abbiamo celebrato non solo la storia, ma l’eco potente di un amore che continua a sfidare l’indifferenza e a costruire ponti di speranza nel cuore dell’umanità.

 

Racconto per immagini di Arturo Caprioli.

 

 

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Mi curo di te, la sanità nel Salento. Radio Portalecce