Cari amici,
lasciate che oggi mi rivolga direttamente a lei, alla mia dolcissima Madre. Il sangue, che scende dalle ferite della mia testa, coronata di spine, mi impedisce di vederti nitidamente, Donna. Ma t’intravedo.
Conosco bene il tuo volto. E anche da questa sofferta posizione, riconosco la tua persona. Come potrei dimenticarmi di te? Mi hai portato nel tuo ventre per nove mesi, mi hai allattato al tuo seno, mi hai custodito con dolcezza durante gli anni della mia infanzia. Quante volte ti sei preoccupata per me. Ricordo bene, quanto accadde al ritorno da Gerusalemme: sembrava che io mi fossi smarrito. E tu, eri sconvolta! Sei rimasta a Nazaret. Da lì, mi hai seguito nel mio peregrinare per le strade della Palestina.
Quante notti insonni avrai trascorso, pensandomi lontano da te. In un supremo gesto d’amore, sei venuta sul Calvario, per starmi accanto e consolarmi con la tua silenziosa presenza. Avverto che mi abbracci con il tuo sguardo di Madre. Hai voglia di prendermi ancora tra le tue braccia per cullarmi con infinita tenerezza e sussurrarmi parole d’amore. Il tuo lancinante dolore mi raggiunge fin qui, in alto. A me, sembra l’amorevole nenia che mi cantavi da bambino, per farmi addormentare e riposare serenamente. Ora, mi attende un altro riposo.
Dobbiamo lasciarci. Ti affido, al mio caro Giovanni: «Donna ecco tuo figlio» (Gv 19,26). Amalo come hai amato me. In lui, accogli tutti i miei discepoli. E per tutti, sii Madre di misericordia e di speranza “fontana vivace”. E a te, discepolo amato, dico: «Ecco, tua madre» (Gv 19,27). Accoglila tra le persone più care. Lei è il mio tenerissimo amore, la mia perla preziosa, la vostra ancora di salvezza!
Gesù
vostro fratello e redentore
*Vescovo di Ugento-S. Maria di Leuca
