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La recente tragedia avvenuta a Cutro, con la morte di numerosi fratelli e sorelle immigrati, ha lacerato ancora di più una ferita mai realmente suturata e medicata.

 

 

All’indomani di questo ennesimo dramma diventa ancora più pressante la domanda: quali possibilità per il mar Mediterraneo?  Tra le onde di questo mare è perita anche la vocazione mediterranea all’umanità e all’accoglienza? Una lettura critica della storia porta a parlare di possibilità: il Mediterraneo, infatti, ha conosciuto stagioni e drammatiche e felici, di scambi fecondi e di scontri sanguinosi. Il volto del Mediterraneo è determinato dalle scelte e dagli obiettivi: è, dunque, una possibilità.

Questo rilievo era stato già riconosciuto e trasformato in un grido d’allarme dai Vescovi pugliesi quando, nel lontano giugno 1988, di fronte al crescente pericolo di militarizzazione della Puglia, levavano un accorato grido per provocare le coscienze e ammettere il loro profondo sconcerto nei confronti di tale scelta; scrivevano: “La Puglia è chiamata a protendersi nel suo mare come arca di pace e non curvarsi minacciosamente come arco di guerra”.

È un critico aut aut che deve dar forma a scelte precise in ognuno. E la teologia è capace di dire parole - e parole nuove - su questo? Ha provato a fare un bilancio e a stimolare la riflessione il Convegno della Facoltà teologica pugliese di ieri, 14 marzo con tema “Sulle sponde del mediterraneo, Teologia e prassi di dialogo, di inclusione e di pace”.

Il Convegno ha visto la partecipazione della comunità accademica tutta e di autorevoli interlocutori tra cui i cardinali Zuppi e Aveline, i professori Moro e Autiero. Dopo i saluti del preside don Vito Mignozzi e del Gran cancelliere mons. Satriano, don Jean Paul Lieggi ha introdotto gli eminenti ospiti. Mignozzi, sottolineando la felice collaborazione tra facoltà teologica, arcidiocesi di Bari-Bitonto e Università di Bari, ha ricordato come, per la comunità ecclesiale, sia necessario rimanere “rischiosamente e con fedeltà sulla frontiera” (cfr. Veritatis gaudium), “imparando a stare nelle fratture degli uomini di oggi”.

Il prof. Moro ha ricordato come il tema del Mediterraneo sia stato sempre al centro del pensiero di sociologi e politologi come Zolo, Latouche, Cassano, che facevano ricerca a partire da Braudel. Il Mediterraneo rappresenta un “pluriverso” per vocazione, spazio generativo per accogliere e rilanciare l’umano. Merito del prof. Autiero, invece, aver ricordato il valore del contesto come paradigma per l’annuncio, il vissuto, la riflessione. Il pensato teologico non può non essere aperto alla vita, alla realtà, alla cultura che diventano il contesto di un modo nuovo per definire la teologia quale riflessione soteriologica, cioè ispirata e proiettata alla salvezza e al Salvatore.

A noi, dunque, in questo “mare di possibilità”, fare scelte che abbiano il sapore evangelico, di accoglienza verso tutti, dialogo, inclusione.

 

 

 

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