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Un cappellano matto. Si molto matto per diversi ragioni. L’ospedale è una parrocchia di frontiera dove tutti i programmi che puoi farti possono cambiare da un momento all’altro.

La mia esperienza di cappellano è davvero bella e non mi sono mai stancato di viverla al meglio, anche se gli impegni si moltiplicano, sono sempre molto felice di svolgere questo ministero con tutte le fragilità e le debolezze che esso comporta.

Vi racconto un po’ come si svolge la giornata. Al mattino preghiera e comunione in diversi reparti, almeno cinque al giorno per poter passare almeno una volta a settimana in tutti i reparti. Sul tardi ripasso in caso qualcuno voglia incontrare la misericordia di Dio. Al mattino è sempre più difficile incontrare i pazienti, nel tardo pomeriggio invece è molto più semplice. Sono più disponibili e più accoglienti perché sono più liberi da eventuali esami. Io passo nel pomeriggio, mi fermo con quelli che hanno bisogno di una parola in più, scherzo con loro, ho una trombetta nel camice che uso all’occorrenza proprio per sdrammatizzare e rendere lieto il nostro incontro.

A volte racconto barzellette se il clima lo permette, altre volte mi siedo accanto e tengo la mano al paziente. In genere non parliamo di sofferenza e non chiedo: “Come stai?” tranne in casi in cui ho una conoscenza più approfondita. Ricordo ancora una signora della cardiologia che avvicinandomi le dissi: “Signora, sono il cappellano!” e lei che non aveva sentito bene mi rispose: “ …lu capitanu?!” “ sì di questa nave” risposi io! troppo bello lavorare nel mondo della sofferenza e mi sento sempre di fare poco.

La forza si vede e si sente, il personale infermieristico e medico mi accolgono con grande gioia, rispetto e amore e mi sentono parte di loro. Un’altra cosa bizzarra è con i bambini quando vado a fare il clown, ora non sempre perché il tempo è sempre molto poco considerando la mole dei pazienti, ma vi assicuro che il divertimento è assicurato. Ricordo ancora una volta un piccolo paziente mi aveva visto la mattina per la preghiera, il pomeriggio come clown e mi chiese: “ma tu sei prete o sei clown? E lui esordì dicendo: “per me tu sei mezzo prete e mezzo clown”.

Non sarò forse un bravo cappellano ma di sicuro cerco di essere un missionario clown che cerca di strappare un sorriso a chi soffre. Ho assistito a tanti miracoli di amore e vi assicuro che il mondo del dolore è il luogo dove tutta la compassione di Dio si esprime sempre e comunque.

Una preghiera per chi soffre e un abbraccio a tutti i familiari che sono vicini a loro.

 

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