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‘Francesco di Sales comunicatore’ è l’ultimo saggio di Vincenzo Marinelli, con prefazione a cura di Morand Wirth.

 

 

 

Le dinamiche comunicative contemporanee pongono nuovi interrogativi sul modo di comunicare dell'uomo e rappresentano una sfida per la missione evangelizzatrice della Chiesa. In un contesto ben diverso da quello odierno, ma non meno problematico, Francesco di Sales ha saputo farsi comunicatore esemplare. Con la sua dolcezza e il suo stile amorevole è stato capace di accogliere ed entrare in relazione con chiunque ha incrociato il suo cammino, lasciando in eredità dei criteri e degli insegnamenti ancora validi per il nostro tempo.

Vincenzo Marinelli ha conseguito la licenza in Antropologia teologica presso la Facoltà teologia pugliese e il dottorato in Teologia pastorale (specializzazione in Teologia della comunicazione) presso la Pontificia Università Lateranense.

Studioso di San Francesco di Sales e delle odierne dinamiche comunicative e relazionali, soprattutto della loro dimensione   teologica ed ecclesiale, è autore di articoli e sussidi pastorali con particolare riferimento ai temi della liturgia, della catechesi e della comunicazione. Per la "Lateran University Press" ha pubblicato il saggio "Socialitude. Comunicazione come prossimità"

 

Perché un saggio su Francesco di Sales?

Francesco di Sales è un uomo carismatico, vissuto tra il XVI e XVII secolo, di cui la Chiesa ha riconosciuto lungo secoli e in molteplici ambiti la sua esemplarità. Anzitutto come santo da Papa Alessandro VII nel 1665, inseguito come Dottore della Chiesa da Pio IX nel 1877, recentemente nel 1923 patrono degli scrittori cattolici con il pontefice Pio XI. Ma è anche riconosciuto dalla tradizione protettore dei sordomuti, anche se non esiste nessun documento ufficiale a riguardo.

In occasione del IV centenario dalla sua morte 1622-2022, è importante riscoprirne non solo la sua poliedrica figura, ma soprattutto comprenderne la sua sorprendente attualità.

Pio XI ha dichiarato Francesco di Sales, per la Chiesa Universale, Patrono degli scrittori cattolici. Qual è il suo carisma di comunicatore? La sua peculiarità?

Ogni uomo in quanto tale non può non comunicare. Per questo anche i santi andrebbero ricoperti non solo per le loro qualità morali e l’esercizio delle virtù eroiche, ma anche per il loro stile comunicativo. E vi sono degli uomini che eccellono in quest’ambito più di altri per la loro sensibilità, per il carattere o per il loro stile. Francesco di Sales è stato un innovatore nel suo tempo dello stile omiletico, nell’arte di predicare. Ma non solo per questo. Nel mio saggio pongo in evidenza come nelle diverse forme comunicative, nella comunicazione scritta, in quella orale e finanche in quella non verbale, egli abbia comunicato desumendo i criteri comunicativi dal Vangelo, dal suo amore per Cristo. La sua peculiarità è nel saper parlare dal cuore al cuore. Il miglior artificio comunicativo è di non avere artifici.

 

Cosa dà forma, unità, alle diverse forme comunicative di Francesco di Sales?

 È l’amore. L’amore per Dio, l’amore per il prossimo. La comunicazione è essenzialmente uno strumento di cui l’uomo si serve per entrare in comunione con gli altri uomini. È la finalità più alta della comunicazione che solo la teologia può aiutarci a riconoscere. Comunicare non è solo informare, trasmettere dei contenuti, entrare in relazione. Comunicare è fare dono all’altro di sé, del proprio spirito, della propria vita. Gesù è il comunicatore perfetto perché ha dotato tutto se stesso per la nostra salvezza, perché gli uomini fossero in comunione con lui. La comunicazione se non è animata dall’amore è vuota retorica, diventa una grammatica senza spirito, si appiattisce e facilmente si piega alle logiche mondane e commerciali. Se non è mossa dall’amore la comunicazione diviene arte della persuasione, manipolazione, distorsione della verità etc. Oggi la comunicazione è frustrata, ha bisogno di questa infusione d’amore. La teologia della comunicazione può assumersi compito particolarmente necessario per il nostro tempo.

 

Cor ad cor loquitur? È possibile ancora oggi? e come?

Non è un motto, od una frase ad effetto. È uno stile comunicativo, un paradigma che può prendere forma in ogni dinamica comunicativa. Vuol dire “il cuore parla al cuore”. Il card. Newman lo aveva usato come motto cardinalizio, ma è Francesco di Sales ad averlo affermato. Oggi non solo è possibile, ma è necessario, perché abbiamo un estremo bisogno di ritornare ad una comunicazione che sia nuovamente “umana”. Una comunicazione che non corra alla velocità della luce, frettolosa, che non guarda a chi comunica, che non si preoccupa di quali sentimenti suscita. Comunicazione è molto più che informazione, e solo gli uomini possono comunicare. È una caratteristica propria dell’uomo, una di quelle che ci rende simili a Dio, a sua immagine e somiglianza. Possiamo comunicare tutte le volte che ci mettiamo in contatto con noi stessi, con ciò che proviamo, e guardiamo l’altro come persona, dando spazio ai suoi tempi, al suo modo di essere, di pensare, di sentire. Per chi è credente vuol dire guardare l’altro come prossimo, qualcuno di cui prendermi cura, da avere a cuore. E pertanto è necessario che nel proprio cuore si possa fare spazio all’altro, liberandolo da se stessi, dal proprio egoismo, dal peccato. Per far entrare il Signore e il suo amore.

 

Chi è Francesco di Sales per lei, don Vincenzo Marinelli?

È un uomo straordinario che ha saputo mettersi completamente in gioco per Dio e per gli altri, indipendentemente dal ceto sociale o dalla confessione religiosa di appartenenza. È un uomo capace di dialogo, ma innamorato della verità. Ha saputo mantenerle in un equilibrio perfetto, per questo occorre riscoprire la sua attualità per il nostro tempo in cui tra dialogo e verità sembra ci sia un conflitto continuo.  Ha sempre vissuto combattendo con se stesso, con il proprio carattere iracondo. Oggi è ricordato come il santo della mitezza, della dolcezza, dell’amabilità. Ci ricorda che con una ferma volontà e con la grazia di Dio possiamo vincere il nemico più grande di sempre: noi stessi.  

 

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