0
0
0
s2sdefault

Legge omofobia, perché non va (Cantagalli, da ieri in libreria) è un esercizio di tiro al bersaglio nei confronti del testo unificato della proposta di legge contro la omotransfobia approvato dalla Camera il 4 novembre scorso, ora in attesa di essere votato dal Senato.

 

 

 

Gran parte delle 252 pagine del testo sono dedicate, come dice il sottotitolo del libro, all’esame articolo per articolo della proposta Zan, dal cognome del deputato del Partito democratico autore di uno dei cinque progetti di legge che sono stati poi fusi in un testo unificato. A imbracciare la carabina è una squadra di magistrati e avvocati (10 elementi) tutti afferenti al Centro Studi Rosario Livatino, fra i quali spiccano Alfredo Mantovano, consigliere di Corte di Cassazione, e Domenico Airoma, procuratore della Repubblica di Avellino. Il loro esame è pertinente e puntiglioso, fa letteralmente a pezzi il testo votato dalla Camera, del quale evidenzia pericoli e contraddizioni, e contiene una condanna inappellabile: «La legge sull’omofobia altro non è che la minaccia dell’olio di ricino per chiunque si opponga a un ricatto ideologico subdolamente totalitario».

 

Silenziare chi non è d’accordo

La nuova legge non difende omosessuali e transessuali da discriminazioni e violenze - per questo bastano già le leggi vigenti, nell’applicazione delle quali il giudice può riconoscere il pregiudizio a sfondo sessuale in forma di aggravante “per motivi futili o abietti” - ma serve a mettere a tacere chi ha una visione del mondo diversa da quella delle associazioni Lgbti, che diventerebbe l’unica legittimata ad imporsi. La nuova legge risulterebbe estremamente generica nell’individuare le fattispecie di condotte che configurano «atti discriminatori e violenti per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere», ottenendo il solo risultato di compromettere la libertà di espressione e di manifestazione del pensiero garantita dalla Costituzione (art. 21), la libertà di associazione (art. 18) e la libertà religiosa (artt. 19 e 20).

L’articolo 4

L’articolo 4 del testo approvato dalla Camera, che afferma che «sono fatte salve la libera espressione di convincimenti od opinioni nonché le condotte legittime riconducibili al pluralismo delle idee o alla libertà delle scelte, purché non idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti», è il tipico caso della toppa peggiore del buco. Tre i suoi difetti: pretende di stabilire con una legge ordinaria ciò che è patrimonio costituzionale indiscutibile, cioè la libertà di espressione; evoca “condotte legittime” senza spiegare in cosa si differenziano da quelle illegittime; si contraddice aggiungendo che non devono essere idonee a determinare atti di discriminatori: ma le ha appena definite legittime!

Il gender nelle scuole

Che la legge promossa da Alessandro Zan mira a promuovere un’ideologia e una visione del mondo piuttosto che a difendere i diritti di qualcuno lo si comprende anche dal fatto che ha l’obiettivo di istituire una Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia, che dovrà essere celebrata nelle scuole di ogni ordine e grado. «La Giornata», si legge nel libro, «è il grimaldello per l’ingresso del gender nelle scuole, ossia per legittimare gli “insegnamenti” sull’identità di genere, che a oggi richiedono l’indispensabile consenso informato dei genitori, e che invece col testo unico Zan finirebbero per non avere più ostacoli, potendo essere impartiti anche contro la volontà dei genitori». Il gioco appare tanto più scoperto quando si considera che i disabili, che pure sono stati introdotti fra i soggetti che la legge afferma di voler proteggere, non sono associati alla Giornata, che riguarda esclusivamente le discriminazioni di natura sessuale. Evidentemente i disabili sono stati inseriti nella legge per motivi meramente strumentali.

Opposizione ragionata

Il libro si conclude invitando a un’opposizione ragionata, composta e coraggiosa ai tentativi di introdurre la legge Zan, in nome di una libertà che è di tutti: «(…) la libertà di manifestazione del pensiero in quanto tale è un valore per il bene di tutti: a beneficio anche di chi oggi vorrebbe limitarla e che domani potrebbe ritrovarsi vittima della stessa limitazione. Il diritto di esprimere pubblicamente il pensiero resta garantito in modo oggettivo e permanente se è riconosciuto come diritto in quanto tale, a prescindere dal contenuto di ciò che viene espresso. Se invece deve sottostare alla condizione di esprimere solo ciò che una legge consente, la sua tenuta è lasciata in balìa della visione politico-giuridica di chi, di volta in volta, ha il potere e il dovere di far rispettare la libertà stessa».

 

Forum Famiglie Puglia