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Un Natale senza i pop-corn e il cinema. La pandemia da Covid-19 ha smorzato la ritualità cinematografica tra Natale ed Epifania, ma le piattaforme in streaming ci hanno tenuto compagnia in casa come non mai. E l’inizio dell’anno nuovo si apre con alcune proposte davvero interessanti.

 

 

Anzitutto su Netflix alcuni titoli forti destinato a risuonare: la docuserie italiana “SanPa. Luci e tenebre di San Patrignano” sulla comunità di recupero fondata e guidata da Vincenzo Muccioli e il dramma hollywoodiano “Pieces of a Woman” incoronato a Venezia77 con la Coppa Volpi all’intensa Vanessa Kirby.

Ancora, su NowTv la seconda stagione della serie “His Dark Materials” targata Bbc-Hbo dai racconti di Philip Pullman; e sempre sulla piattaforma di Sky è in partenza la miniserie “The Undoing” diretta dal premio Oscar Susanne Bier. Su Rai Uno e RaiPlay torna finalmente Suor Angela con “Che Dio ci aiuti 6”. Il “punto streaming” con la Commissione nazionale valutazione film della Cei (Cnvf).

Senza girarci intorno, la docuserie “SanPa. Luci e tenebre di San Patrignano” è il biglietto da visita con cui Netflix si presenta all’appuntamento dell’anno nuovo, aprendo un inedito tracciato di documentari-inchieste di matrice italiana destinati al mercato globale.

Prodotta e scritta da Gianluca Neri insieme con Carlo Gabardini e Paolo Bernardelli, con alla regia Cosima Spender, “SanPa” è una docuserie in cinque puntate che vuole ricostruire la genesi e lo sviluppo di San Patrignano, comunità di recupero per tossicodipendenti fondata da Vincenzo Muccioli nel 1978 a Coriano, in provincia di Rimini.

Un racconto serrato, tra luci e ombre, teso a scandagliare le fondamenta e il metodo della comunità rehab e nel contempo a fotografare il deflagrare del problema droga nel Belpaese negli anni Ottanta, con uno Stato impreparato alla scottante gravità della situazione. Muccioli forgia San Patrignano dando pronta risposta a tutte quelle famiglie incapaci di gestire un giovane, un familiare, con problemi di dipendenze; la struttura di recupero diventa rapidamente un avamposto di speranza per i dispersi nelle droghe. Nella crescita vorticosa del centro di recupero, che passa da centinaia a migliaia di ospiti, la figura di Muccioli da un lato viene mitizzata come grande salvatore e dall’altro attaccata duramente (è coinvolto anche in una serie di procedimenti giudiziari) per i metodi poco ortodossi, per non dire brutali, con cui governava il piccolo “Stato nello Stato”.

La docuserie “SanPa” mette a tema soprattutto lui, Muccioli, tessendo le sue qualità imprenditoriali, filantropiche e comunicative e nel contempo decostruendone il monumento, demitizzandone la figura, allargando il campo a scomode verità. “SanPa” vuole mettere a nudo il fondatore della comunità, nel bene e nel male. Oltre a disporre in fila fatti dell’epoca con una dovizia di materiali audiovisivi soprattutto Rai, la docuserie punta molto su interviste inedite, accostando familiari, amici e collaboratori di Muccioli (in primis il figlio Andrea e il conduttore Red Ronnie) a ex figure chiave della comunità (l’autista Walter Delogu e il responsabile della comunicazione Fabio Cantelli).

È innegabile che il racconto funzioni e abbia una grande presa sullo spettatore, per il modo in cui è impostato e sviluppato, con una narrazione incalzante e serrata. Le cinque puntate della docuserie scorrono con grande fluidità e intensità, anche se in alcuni passaggi sembra dilungarsi un po’. “SanPa” fa centro comunque per stile narrativo ed efficacia del montaggio, come pure per la cura nella ricostruzione storica; a ben vedere, però, forse l’intenzione iniziale di mantenersi in equilibrio in una narrazione tra luce e ombre - come del resto dichiara lo stesso titolo - sembra sbandare un po’ a favore del “dark side” che narrativamente può risultare più “seducente”. La polarizzazione appare così a tratti un po’ sbilanciata. 

 

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