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Pastor Angelicus e Defensor Civitatis. Pastore angelico e Difensore della città di Roma, sono questi i due più alti appellativi attribuiti a Pio XII e che descrivono al meglio la statura del personaggio.

La sapienza di Papa Pacelli è dimostrata dal suo profondo magistero. Il suo coraggio è testimoniato dalla celebre foto che lo ritrae in mezzo al popolo, sotto i bombardamenti angloamericani. Eppure la figura di questo grande pontefice continua ad essere oggetto di controversie. Ne abbiamo parlato con Donato Maglio, autore di diversi studi sul tema, tra cui il libro Pio XII, il Pastor Angelicus nei documenti e nella stampa dell’epoca.

 

Dott. Maglio, esiste una “leggenda nera” su Pio XII?

Senza dubbio. Come molti altri pontefici del passato, Pio XII è fatto bersaglio di tutta una serie di ignominiose calunnie. In questo specifico caso tuttavia, oltreché la figura di Papa Pacelli, l’obiettivo è quello di infangare l’intero operato della Chiesa cattolica di fronte alle immani tragedie del XX sec. In verità, senza attendere l’apertura degli archivi vaticani riguardanti il suo pontificato prevista per il 2020, basta prendere in esame i documenti storici oggi disponibili - e non sono certo pochi - per far crollare il castello di infamie. La leggenda nera di Pio XII nasce infatti nel 1963 con l’opera teatrale “Il Vicario” di Rolf Hochhuth. Quest’opera presentava il Papa come un uomo gelido, rimasto indifferente dinanzi all’Olocausto, dedito solo a perseguire i propri interessi, incassando addirittura redditi dalle industrie belliche durante il conflitto. Dietro lo sceneggiato si celava però la campagna denigratoria orchestrata dal regime sovietico di Nikita Crusciov, volta a screditare in ogni modo la persona di Pacelli, imputandolo di collusione con il nazismo. All’epoca si levarono proteste in tutto il mondo in difesa della memoria del papa ma nel nostro paese il partito comunista cavalcò l’onda delle accuse. I comunisti italiani del resto non perdonavano la scomunica inflitta loro nel '49.

Quale fu dunque l’atteggiamento di Pio XII verso il nazismo?

È doveroso dichiarare che Pio XII fu un fiero avversario del nazismo. Egli conosceva bene la realtà tedesca per essere stato nunzio in Germania prima di salire al soglio. La sua condotta nei confronti del regime hitleriano fu perspicace. Più che parlare, Pacelli ha agito. Ed è grazie a lui che almeno 870mila ebrei vennero salvati in tutta Europa dalle persecuzioni. Conventi e monasteri di clausura divennero rifugio per quanti rischiavano la deportazione. Le proprietà della Sede Apostolica che godevano di extraterritorialità ospitarono molti infelici. Vennero distribuiti passaporti e certificati falsi al fine di permettere a chi fosse in pericolo di espatriare. Intere schiere di sacerdoti e religiosi si prodigarono per dare aiuto. Addirittura, stando alle testimonianze raccolte dallo storico ebreo Gary Krupp, il Papa sarebbe uscito in segreto dai sacri palazzi in più di una circostanza per soccorrere personalmente degli indifesi che correvano il rischio di finire nei campi di sterminio. Atti per i quali meriterebbe sul serio il titolo di “giusto tra le nazioni” anziché la qualifica di “ambiguo”, come si leggeva sino a qualche anno fa allo Yad Vashem.

Perché allora la figura di Pio XII non sembra godere di buona fama negli ambienti ebraici?

La questione è complessa. In primo luogo c’è da affermare che oggi la posizione dell’ebraismo nei confronti di Pio XII è piuttosto variegata. Quello che stupisce è che, se si recuperano le pubbliche dichiarazioni delle autorità ebraiche alla morte del Papa nel 1958, si riscontra una linea pressoché unanime: esprimono in gran parte gratitudine e riconoscenza. Lo stesso Elio Toaff dichiarò:  «abbiamo avuto l’opportunità di sperimentare la grande compassione e la grande generosità di questo papa durante gli anni della persecuzione e del terrore, quando sembrava non ci fosse per noi più alcuna speranza». Il diffondersi della “leggenda nera” negli ambienti ebraici è avvenuto quindi successivamente. Certo, la conversione al cattolicesimo del rabbino capo di Roma Israel Zolli - che, proprio in segno di gratitudine verso Pacelli, si fece battezzare con il nome di Eugenio Pio - non venne presa bene dalle comunità ebraiche e la cosa, in qualche modo, influisce ancora oggi sull’atteggiamento di alcuni settori dell’ebraismo verso Pio XII. L’argomento però merita senz’altro di essere approfondito.           

                                                                                                                               

 

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