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Per molti è stato l’anno di Belen e di Stefano de Martino, di Raidue e del red carpet, dei lustrini e delle paillettes. Invero, la presenza delle due star dello show business italiano, con tutta la sequela di storie su Instagram e gli inevitabili strascichi glamour, è stato solo uno degli aspetti, probabilmente anche quello meno interessante, di una edizione de La Notte della Taranta comunque di successo. 
Le folle oceaniche di giovani e meno giovani intervenuti l'altra sera al concertone di Melpignano, l’impeccabile orchestra, le coraggiose contaminazioni (alcune più riuscite, altre meno) sono, indipendentemente dai gusti personali e spesso dai pregiudizi, elementi inconfutabili di un successo che non può essere ridotto a semplice fenomeno mediatico. C’è molto di più, e fortunatamente, molto di più profondo. L’edizione ventidue della Notte della Taranta non ha forse avuto grandi sussulti, e probabilmente non verrà ricordata, nonostante le star, come una delle edizioni più spettacolari, ma il rinnovarsi di una tradizione ormai consolidata, il sapersi raccontare ad un pubblico sempre più vasto, il portare la pizzica fuori dai contesti locali, spesso autocelebrativi, il confrontarsi con nuovi panorami musicali, non possono che fare da contraltare ai tanti aspetti meno soddisfacenti. 
La classe di Elisa ne “La Pizzica di Galatone”, l’emozioni musicali di Enzo Avitabile, le maestose luminarie di Mariano Light a fare da sfondo al palco, i ritmi sempre coinvolgenti, vanno oltre ogni polemica di sorta. 
Ritornare ad una interpretazione più genuina della tradizione non farebbe male, magari tornando a rileggere il De Martino (quello vero!), ma evitiamo di disperdere quello che di buono c’è. 
Un qualcosa da cui ripartire ogni anno per provare a migliorarsi e narrarsi per quelli che si è, cantori e musici di una storia e di una tradizione che non possono essere disperse. 

 

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