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Ha visto la luce nei mesi scorsi il nuovo lavoro di Andrea Pino, docente di religione cattolica a Lecce, dal titolo "Figli ascetofili e padri ascetofobi nell'Antiochia del IV sec.", pubblicato dalle Edizioni Esperidi. Per l'occasione, abbiamo incontrato l'autore.

 

 

 

 

Professore, di cosa tratta questo volume?

 

Sostanzialmente, il libro è dedicato alla figura di San Giovanni Crisostomo ed all'analisi di una sua opera, il "Contro i detrattori della vita monastica". Giovanni, vescovo di Bisanzio nel IV sec., è uno dei grandi padri dell'Oriente cristiano. Basti pensare che la più nota delle divine liturgie orientali porta il suo nome e venne, tra l'altro, musicata da Tchaikovsky nell'Ottocento. Venerato dalla Chiesa Cattolica col titolo di "dottore eucaristico", Crisostomo sarà posto da Dante nel cielo del sole, quello degli spiriti sapienti. Sono tuttavia felice che tale lavoro veda la luce in occasione di due significative ricorrenze: il millesettecentesimo anniversario del Primo Concilio di Nicea che confermò la divinità di Cristo così come espressa nel Credo ed il primo centenario dell'enciclica Quas Primas con cui Pio XI istituì la solennità di Cristo Re.

 

 

Insomma, un testo per addetti ai lavori...

 

Per nulla. La figura di Crisostomo è stata già esplorata da molti studiosi, tra cui Lorenzo Dattrino, Massimiliano Signifredi, Lucio Coco, Sergio Zincone ed i salentini Antonio Cataldo e Alessandro Capone. Davanti a questi mostri sacri, io sono un puffo. Guardi, quando uno come me si mette a scrivere, lo fa solo per entusiasmo e passione verso ciò in cui crede. La fede cristiana è quanto ho di più prezioso ed è naturale volerla condividere. Mi rivolgo dunque, in primo luogo, al battezzato medio che frequenta la parrocchia del quartiere ma che forse ha dimenticato quanto sia splendida la cultura cristiana e magari non è consapevole come solo essa possa generare il futuro.

 

 

In che senso?

 

Nel senso che il nostro dna culturale è costituito da tre proteine: l'antica Grecia (la civiltà della bellezza artistica, della filosofia, della poesia); l'antica Roma (la civiltà del diritto, della potenza, dell'universalità) e la vera Gerusalemme (la civiltà cristiana). Ora sono almeno sessant'anni - ma si potrebbe risalire ancora più indietro, sino alla fine del '700 - che queste sorgenti culturali/spirituali sono state progressivamente obliate, tradite, rigettate. Ma un uomo che non conosce il proprio passato o, peggio ancora, lo conosce male e lo disprezza o che non è consapevole della propria identità, quale futuro potrà mai avere? Da parte mia, sono persuaso che un autentico rinnovamento della società possa avvenire solo attraverso un ritorno alle radici classiche ed alla tradizione cristiana.

 

 

Ma non le sembra davvero anacronistico tutto questo?

 

Niente affatto! Non si tratta di coltivare nostalgie del passato ma di instaurare un ordine eterno. Certo, a nessuno oggi verrebbe in mente di fare il monaco stilita sul capitello di una colonna o di rotolarsi nudo tra la neve come facevano gli "stolti di Cristo" di cui si parla nel libro. Ma, giusto per far capire l'attualità del tema, le racconto un episodio. Una volta, viene un mio studente e fa: "Prof., non ho capito cos'è l'accidia". "Semplice - rispondo - è un misto di noia, ansia, tristezza, pigrizia e insofferenza, come quando diciamo: nu me sta supportu sulu". "Ah - dice - ma allora è uno dei mali più diffusi del nostro tempo". Bene, gli scritti di Crisostomo, ad esempio, ci insegnano come guarirlo. Poi il dicorso è più generale. Nel libro ho provato a ricostruire l'Antiochia del IV sec., cercando di raccontarla "on the road". Mi creda: gli stessi problemi, le stesse insicurezze, le stesse tensioni della nostra epoca. Un mondo dai capelli bianchi che stava lì lì per crollare. E, in un frangente del genere, che si fa? Ha presente cosa dice Sant'Agostino?

 

 

Sinceramente no...

 

Nessun problema. Sant'Agostino vedeva nel mondo due città. La prima è la città del male, la civitas diaboli, in cui l'uomo, da creatura, pretende di essere considerato divino. Concetto questo che già gli antichi greci stigmatizzavano come hybris, "tracotanza". La seconda è invece la città di Dio, quella del bene. Questa visione dei fatti viene anche ricordata da Leone XIII nell'enciclica Humanum Genus del 1884. Solo un folle sceglierebbe di vivere nella città del male. Eppure è ciò che oggi accade. Vogliamo la pace, ma come possiamo averla se, dalla società, abbiamo scacciato Cristo, che è l'Unico che potrebbe donarcela? Ci lamentiamo di vivere un'esistenza triste e vuota, ma come potrebbe essere altrimenti se non conosciamo l'Unico che possa dare un senso alle nostre vite? È dunque necessario che Cristo regni! Certo, non è facile perchè le due città sono in lotta tra loro ma, come nel racconto di Giuditta e Oloferne, le porte degli inferi non prevarranno. Poi se Dio è con noi, chi sarà contro di noi?

 

 

Un'ultima curiosità: a chi ha voluto dedicare questo lavoro?

 

Al mio angelo.

 

 

Figli ascetofili e padri ascetofobi nell'Antiochia del IV sec. Analisi del Contro i detrattori della vita monastica di Giovanni Crisostomo”, Saggio di Andrea Pino, pp. 260, ISBN 978-88-5534-204-9, 18.00 €, Edizioni Esperidi, 2025 (https://www.edizioniesperidi.com/filosofia-e-religione/505-ccc.html).

 

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