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Un predicatore che non si prepara non è “spirituale” , è disonesto ed irresponsabile verso i doni che ha ricevuto (EG145): così Papa Francesco in continuità al magistero petrino rimette al centro l’omelia nel discorso dell’evangelizzazione dove si metta al centro la Parola di Dio e la vita della comunità cristiana e non uno sterile sincretismo o adattamento culturale.

Il Papa afferma come sia importante comprendere il senso profondo e la responsabilità nell’utilizzo che si fa di essa: per essere il momento più alto del dialogo tra Dio e il suo popolo, prima della comunione sacramentale.

Vincenzo Annicchiarico (sacerdote e teologo dell’arcidiocesi di Taranto) nel suo libro L’omelia nell’era digitale. La Chiesa non ha paura del “nuovo” (edizioni Vivere in 2018) preferendo al linguaggio concettuale un linguaggio molto più simbolico e vicino al linguaggio dell’era dei nativi digitali spiega come l’uomo tecnologico quando naviga su internet non interviene in qualcosa che gli sta semplicemente di fronte, ma in un qualcosa che lo ri-comprende e lo contiene.

Allora nell’omelia non bisogna trascurare: il linguaggio verbale dove è importante usare parole che diano una nuova speranza all’esistenza cristiana utilizzando vocaboli efficaci e vicini alla loro conoscenza; il linguaggio para-verbale per saper comunicare la Parola di Dio con una “voce naturale” in modo sereno e competente; e infine il linguaggio non-verbale dove è importante accompagnare alla parola un efficacia comunicativa del corpo dove è importante dare un significato reale a ciò che si afferma con quello verbale.

 Il ProgettOmelia che la Cei sta portando avanti grazie allo stesso autore mira quindi a vedere l’omelia come un’occasione di confronto continuo, in cui non si è mai arrivati e di cui non si è trovato il metodo definitivo.

 

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