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L’uomo, senza Cristo, semplicemente non ha risposte ed è incompleto, e non ha difese convincenti contro l’apparente ragionevolezza della disperazione.

 

 

 

L’essere incompleto che emerge dall’opera “Strappare lungo i bordi” di Zerocalcare descrive benissimo le ferite, le tenebre dell’animo umano che vive sempre in una fase accusatoria della tentazione, che segue sempre le illusioni di una vita ingannevole, insomma che non riesce a delimitare i confini della sua esistenza.

Questo dubbio, che in fondo è quello che continua ad accompagnarci, forse perché siamo mistero a noi stessi, permette sprazzi di liberante umiltà, come quella che lo induce a gettare via le aspettative dell’io ideale supereroico, i famosi “bordi” di questo film animato visibile sulla piattaforma Netflix che ci dice in faccia la nostra realtà. Ma noi cristiani troviamo il “completamento” nell’essere stati creati da Dio, e in quell’abisso di amore, il nostro essere fili d’erba, ma fili intrecciati bene perché voluti, guardati e amati. Negli abissi di Dio non solo i bordi dell’uomo ma anche tutto l’essere dell’uomo che è amore, ragione e anima capace di contenere Dio.

 

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