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 Non soddisfa le attese di chi da anni contrasta il gioco d’azzardo e le sue conseguenze sulla vita delle persone il testo definitivo della manovra 2019. Come mons. Alberto D’Urso, presidente della Consulta nazionale antiusura, che denuncia: “L’azzardo è il contributo che la povera gente versa allo Stato: questo la dice lunga sulla mancanza di regole morali presenti nello stile economico e amministrativo dello Stato.

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Carlo Salvemini avendo preso atto del venir meno della maggioranza in consiglio comunale ha rassegnato le dimissioni.

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La relazione del Vangelo con la cultura è di tipo generativo. Ma come ogni rapporto generativo, il Vangelo crea cultura e la cultura arricchisce la comprensione del Vangelo. Come d’altronde accade nella generazione umana: è il padre a generare il figlio, ma è il figlio a rendere un uomo padre.

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Il sociologo Z. Bauman propone diverse definizioni di felicità: una con significato ‘oggettivo’, riferito ad un’altra persona, quando riconosciamo per lei situazioni o stati positivi che associamo alla felicità. Un altro è quello ‘soggettivo’, relativo al vissuto personale di emozioni, sensazioni, stati mentali. Una terza definizione o concetto è relativa alle visioni storiche della felicità, in particolare dei greci e dei romani, secondo i quali è felice colui che non è indigente e non cade negli eccessi, trovando in questo la sua misura. La beatitudo dei romani e l’eudemonia dei greci ben rappresentano quest’idea.

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"Pace in terra agli uomini di buona volontà”, pregavano. Ma nel Natale 1939 era da poco scoppiata la II guerra mondiale.  È interessante, pertanto, conoscere come fu vissuto quel difficile momento. Un contributo, sia pure molto limitato, è offerto dalle cronache e dagli articoli de “La voce dei piccoli Leviti”, sottotitolata “Organo del Seminario vescovile di Lecce”.

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Per Moravia la felicità non esisterebbe: non sarebbe un oggetto o un fatto reale, da poter indicare, vedere, toccare. E non sarebbe neppure uno ‘stato’; tuttalpiù si tratterebbe di una figura simbolica, culturale. Questo, secondo Moravia, sarebbe confermato dal fatto che, quando ci troviamo davanti alla domanda ‘sei felice?’ tendiamo a rispondere non spontaneamente, ma utilizzando schemi e categorie largamente precostituiti.

 

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